E’ un post apparentemente molto personale, quello che state per leggere ed io per scrivere nell’ultima, gelata, domenica del 2014. Apparentemente perché riguardando la Rai riguarda un po’ tutti. Su Il Fatto di oggi Malcom Pagani intervista Renzo Arbore: il titolo è “Dalla Rai nessuno mi chiama perché mi credono rimbambito”. Ebbene, a me capita il caso opposto. Nessuno mi chiama dalla Rai, la principale azienda di servizio pubblico del Paese per la quale in varie forme ho (sub)lavorato per un quarto di secolo, ”perché non mi credono rimbambito”.
Sono stato espulso dalla Rai grazie al congegno del pensionamento usato non solo o tanto burocraticamente, ma come leva di potere: tu non fai parte della scia di partito o d’area o di qualunque sottopotere sul mercato, e io ti espello, se sei invece dei “nostri” ti trattengo in qualunque modo. Da Vespa in poi, l’elenco è lunghissimo. Ciò che mi dispiace di più, potete credermi, è che non sono io il censurato, ma voi, intesi come pubblico, come destinatari di informazioni e di opinioni. Io posso stare sulle scatole a chiunque anche legittimamente (non mi sono troppo né sempre simpatico neppure io…), ma privare la collettività di un bene immateriale come quello che cercavo di offrire è grave. Mettete queste parole a confronto con quel che si vede abitualmente in tv, e in via di bontà natalizia non fatemi il torto di reputare un cascame di vittimismo questo mio dispiacere. In altri tempi a gente come i vertici e le dirigenze di una Rai ridotta così sarebbe stato dato fuoco…
P.S. Nessuno del M5S né tantomeno Fico, presidente della Commissione parlamentare di Vigilanza, se n’è mai minimamente fregato.
o.b.